Il Sapore ed il Tempo. Sono questi i due ingredienti principali di questa ricetta. Una così smaccatamente importante da dare il nome al piatto. Saor, savor, sapore.
E quindi per me (la mia società di consulenza si chiama Tempo Consulting) era quasi destino che questo piatto diventasse un cavallo di battaglia per le cene con gli amici più amici. Insomma una cosa che riservo, centellinandola, come si fa con le cose speciali.
Come nasce ?
Nasce da un bisogno, come molti dei piatti che hanno le radici nella storia.
I pescatori veneziani e i marinai della Serenissima avevano l’esigenza di tenere il cibo a bordo per molto tempo o comunque il più a lungo possibile. Le sarde erano un pesce disponibile ed economico, così come le cipolle.
Oggi parleremmo certamente di una ricetta a kilometro zero: le sarde si pescavano in laguna e le cipolle arrivavano dalla vicinissima Chioggia.
L’aceto era il metodo di conservazione che meglio si prestava allo scopo, con l’aggiunta di un po’ di zucchero.
Così nacque il saor. E la conservazione rendeva il prodotto anche più buono dell’orginale.
Le radici si perdono, ed è molto più raro di quanto si pensi anche per le ricette del nostro Paese, quindi fino al 1300.
Vi è anche chi sostiene che la ricetta delle Sardeè in saor sia una ricetta ebraico-veneziana passata poi a tutta la città e di li a tutto il veneziano.
Il saór rappresenta una miniera di proteine e grassi “buoni” abbinata alla giusta quantità di vitamina C, quindi utile a prevenire malattie come lo scorbuto, tipiche di quel mondo marinaresco. Grazie al giusto mix di ingredienti con pH acido, tuttavia molto gradevoli, permetteva una lunga conservazione, soddisfacendo le necessità nutrizionali di interi equipaggi. Insomma, era una sorta di precursore della moderna razione K, con ingredienti poveri quali sarde fresche, cipolla, uvetta sultanina, pinoli, aceto o vino bianco.
Tra quelli tipici della sua zona di provenienza, le sardèe in saór sono state una fonte di ispirazione nella composizione del menu per Samantha Cristoforetti, ormai da alcuni mesi in orbita in qualità di astronauta ESA-ASI. In fondo una navigatrice dei nostri tempi.
Si tratta di un caposaldo della cucina veneta, veneziana in particolare, e, secondo la tradizione, viene consumato per la cena durante la festa del Redentore (assieme alla pasta e fagioli alla veneta e ai bigòi in salsa).
La ricetta più antica non prevedeva uvetta e pinoli (materie prime costose già allora e non certo riservate ai marinai), anche se queste aggiunte potrebbero comunque far riferimento coerente alle attività di commercio di Venezia verso l’est europa (Grecia e Turchia in particolare) e l’Asia.
In realtà i veneziani non preparano solo le sarde in saor, ma anche altri pesci come piccole sogliole (in veneziano sfogiètti) o le moècche che sarebbero i granchi con il guscio ancora morbido quando sono nel periodo della muta; ma in saor si possono preparare anche la zucca, le zucchine o le uova lesse.
Ecco, a testimoniare le origini e l’importanza del piatto in loco, alcune righe di Carlo Goldoni, tratte dalla commedia “Le donne de casa soa” scritte proprio a proposito del saor…
“Comprème co sti bezzi sie grossi de sardelle,
Ma vardè che i ve lassa zernir delle più belle.
Quella che xe de sora, xe sempre la più grossa,
Quando che le xe stracche, le gh’ha la testa rossa.
Paghèle quel che i altri le paga in pescaria.
E po fèvene dar quattro de soravia.”
“Grillo, sentì, fio mio, tolè la sporteletta;
Voggio che andè da bravo a farme una spesetta.
In pescaria ghe xe del pesce in quantità;
M’ha dito siora Catte, che i lo dà a bon marcà.
Un poche de sardelle vorria mandar a tor,
Per cusinarle subito, e metterle in saor.”
IL SAOR E VERONELLI
Quando posso ci faccio un riferimento perché è sempre troppo piccolo il tributo che la nostra cucina (e l’attuale business del cibo) tributa a questo incredibile innovatore, anarchico e sognatore.
Spulciando, ho ripescato un video della trasmissione televisiva più antica che ho nella mia memoria. Ancora non sapevo quanto la cucina mi avrebbe appassionato, ma il programma, “A Tavola alle 7” mi piaceva tantissimo (e ci dedicherò un post specifico). Andava in onda appunto alle 19 (alle 7 se Dio vuole non c’era alcuna trasmissione) c
apitanata dallo stesso Veronelli e dalla mitica Ave Ninchi. Insomma cose di altro livello e il primo esempio di cucina portata in tv.
Nel video viene raccontata grazie alla testimonianza del ristoratore Dino Boscarato, il titolare del Ristorante dall’Amelia di Mestre la ricetta in questione.
Purtroppo il video è stato cancellato e mi rimangono solo alcuni fotogrammi.
1 kg di sardine fresche Preparazione pulite l passatele nella farina, scuotetele leggermente per eliminare quella in eccesso e poi friggetele in abbondante olio bollente per alcuni minuti, toglietele appena s ora sbucciate le cipolle, lavatele e tagliatele a fettine sottili, fatele soffriggere in olio extravergine d’oliva ben caldo con l’aiuto di un cucchiaio disponete la cipolla sulle sarde nella ciotola in modo da le sarde in saor vanno preparate almeno un giorno (meglio 3-4) prima di essere consumate. Le sardeè in saor condividono un po’ di cromosomi con altre ricette, famosissime o più nascoste. Tra queste le sarde a beccafico siciliane, a cui va dedicato un capitolo a parte e che condividono sarse, uvetta e pinoli. E le meno conosciute, sempre invece di origine veneta/friulane Tracce di una preparazione analoga delle sarde in saor si rinviene anche in Turchia (e niente nel cibo è mai a caso). La conservazione dell’ingrediente principale in aceto, e la sua marinatura sono conosciute anche in altre aree italiane con il nome di “carpione” (in lombardia/piemonte) e “scapece” (nel sud).
LA RICETTA
2 kg di cipolle bianche
1 litro di olio di semi di arachide (per friggere)
200 ml di aceto di vino bianco
2 cucchiai di zucchero
uvetta sultanina
pinoli sale
farina 00
olio extravergine d’oliva.
e sardine eliminando loro la testa e le viscere, lavatele sotto l’acqua corrente cercando di eliminare anche le poche squame e mettetele a sgocciolare sopra ad un tagliere inclinato.
dall’olio, poggiatele sopra della carta assorbente in modo da eliminare l’olio in eccesso e salatele.
i saranno intiepidite disponetele a strati uno sull’altro in una capiente ciotola e mettete da parte.
in una larga padella, rimestatele spesso e fatele stufare per bene appena inizieranno a velarsi aggiungete il sale, un paio di cucchiai di zucchero e l’aceto; fate continuare la cottura a fiamma vivace e alla fine aggiungete una manciata di uvetta sultanina ammollata in acqua calda e sgocciolata ed i pinoli.
coprirle tutte completamente poi lasciate raffreddare completamente.
RICETTE SORELLE
Sarde incinte in agrodolce
Aperte, diliscate, marinate in aceto, farcite con un composto di aglio, prezzemolo, pinoli, pangrattato e uvetta ammorbidita in succo di arancia, condite con olio e limone e cotte in forno (Veneto).
Sardele col pien
farcite con un composto di pangrattato, formaggio grattugiato, prezzemolo, aglio, rosmarino e olio, impanate, spruzzate con olio e aceto e cotte in forno (Veneto e Friuli Venezia Giulia).
Saorina salsa mantovana di vino cotto